lunedì 30 aprile 2012

Tiro con l'arco - parte seconda: L'agonista


C'é sempre un momento in tutti gli sport in cui qualcuno ti dice: ehi, ma lo sai che non te la cavi affatto male? Hai mai pensato di fare agonismo?
E da quel momento gran parte del tuo modo di concepire quello sport cambia, anche se non te ne accorgi subito, è un meccanismo lento, graduale, inconsapevole...



Nel tiro con l'arco non fa differenza, ed è normale pensarlo direte voi, ma nella federazione in cui sono iscritta non è così scontato dirlo. Il fatto di vivere la giornata di gara tra amici, di parlare di cibo, di camminare nel bosco, ci porta sempre a sottostimare la competizione agonistica o quantomeno a volerla mettere in secondo piano. Ci diciamo sempre, ho passato una bella giornata, ho tirato bene, sono stata bene, ma alla fine c'é sempre il fatidico momento delle "premiazioni": il momento in cui ci si scontra con i risultati dei tuoi avversari, il momento dei numeri, dei punteggi, delle classifiche... Chi più chi meno, un pochino rosichiamo tutti quando il premio finisce nelle mani di qualcun altro. Non è cattiveria, né gelosia, si chiama agonismo.

Non c'è nulla di male, la competizione fa parte del nostro retaggio preistorico, della sopravvivenza del più forte, perché farla diventare allora una cosa negativa?
Beh, perché in alcuni casi lo è davvero.
E la cosa peggiore è che lo diventa principalmente per l'arciere stesso...
Non appena infatti esci da quella soglia di anonimato che è la parte centrale o bassa della classifica, nella quale vivi la gara nelle tue potenzialità e ben consapevole di quelli che sono i risultati che puoi ottenere, con i tuoi obiettivi della giornata, che prenderai serenamente sia che tu li raggiunga o meno; ebbene, quando entri a far parte di quella cerchia ristretta che sale sul podio a fine gara, da quel momento in poi tutte le gare che farai successivamente non le farai solo per te, le farai per tutti quelli che iniziano a conoscerti.
Perché alla gara successiva, quando ti vedranno arrivare, si aspetteranno di potersi confrontare con te, di vederti salire sul podio ancora, e ad ogni gara queste aspettative si consolideranno ancora di più e diventerai il loro punto di riferimento e di sfida, il loro punto fermo per mettersi alla prova, e un punto fermo si sa non si muove, e, quindi, NON retrocede.
Ecco, nonostante tutti i tuoi allenamenti al campo, in palestra, a casa, non c'é nessun allenamento che ti abitui alla fatica di sopportare questa tensione: il non dover deludere le aspettative degli altri. 
Sia chiaro, non c'è nulla di conscio in questo, ma é comunque reale e tutti gli sportivi, a qualsiasi livello devono averci a che fare. La vittoria é per prima cosa nella testa di chi vince, perché? Perché riesce a dominare la sua paura di fallire, la sua paura di cadere. Dominare non sconfiggere,  ad ogni gara bisognerà ricominciare la sfida.
In alcuni sport la squadra è il salvagente: condividere la tensione aiuta a resistere meglio, ma nel tiro con l'arco ci sei sempre e solo tu e il bersaglio, e se tu sbagli, a chi ti appelli per sopportare il peso del fallimento: all'attrezzatura? All'organizzatore della gara? Alla folata di vento? O a te stesso?
E' chiaro che la sto mettendo giù dura, ognuno di noi è diverso e ha maturato i suoi sistemi per sopravvivere a queste situazioni ansiogene, ma ci sono anche persone molto emotive e molto competitive, che non riescono a venire a capo della matassa: e davanti al bersaglio, invece di tirare, pensano: "il bersaglio è facile, che figura ci faccio se lo sbaglio? NON devo sbagliare!" oppure "Non sono ancora a un buon punteggio DEVO recuperare!" 
E posso metterci la mano sul fuoco che quel bersaglio lo sbaglieranno.
Si chiama target panic.
Ma non é paura del bersaglio: il bersaglio noi arcieri lo amiamo con tutta la nostra anima e lo conosciamo bene, non ci fa paura, é di noi stessi che abbiamo paura, paura delle nostre paure...
Anche io ci sono passata, ma ogni gara che faccio ora, ogni freccia, é un altro passo che mi allontana dal ricaderci, ma dall'agonismo no, da quello non so guarire...

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